Il diritto al sesso

Il femminismo non è una filosofia, una teoria, e nemmeno un punto di vista, bensì un movimento politico finalizzato a trasformare il mondo fino a renderlo irriconoscibile. Chiede: cosa significherebbe mettere fine alla subordinazione politica, sociale, sessuale, economica, psicologica e fisica delle donne? Risponde: non lo sappiamo; proviamo e stiamo a vedere.

Questo è il primo paragrafo nella prefazione del saggio Il diritto al sesso di Amia Srinivasan, docente di Teoria Sociale e Politica al All Souls College di Oxford. Partendo da questa banale domanda l’autrice, approfondisce in maniera esaustiva i temi del desiderio, del piacere, del consenso e delle discriminazioni, facendo il punto sulla situazione attuale.

Parte dalla considerazione vera, ma molto ignorata, che “il sesso, considerato l’atto più privato in assoluto, è in realtà una cosa pubblica”. Perchè “i ruoli che interpretiamo, le emozioni che proviamo, chi dà, chi prende, chi esige, chi serve, chi desidera, chi è desiderato, chi trae beneficio, chi soffre: tutte queste regole sono state stabilite molto prima che venissimo al mondo” .

Il desiderio in tutte le sue manifestazioni, è considerato prezioso e pericoloso, perciò viene regolato, discriminato e strumentalizzato. Da secoli, secondo l’etica maschile. Un esempio squallido e recente arriva dallo scandalo del #MeToo e nel saggio della Srinivasan si parte proprio da questa analisi e il capitolo si intitola La cospirazione contro gli uomini.

Dal vittimismo maschile nasce anche il fenomeno degli incels (involuntary celibats) individui di sesso maschile involontariamente casti perchè rifiutati (a loro dire) da insensibili individui di sesso femminile che hanno standard troppo altri. Misogini, spesso nerd, che in forum dedicati, hanno trovato uno spazio dove lagnarsi e maledire la stupida crudeltà femminile.

Con documentati approfondimenti storici e sociali (putroppo orientati soprattutto al mondo anglosassone) l’autrice affonta il controverso tema del consenso implicito, delle discriminazioni razziali e di genere, l’approccio delle femministe giustizionaliste e ovviamente il fiorente business della pornografia. Anche qui, nonostante qualche progetto indie, nel mainstream trionfa il patriarcato. Ho scoperto infatti che oggi è durissima lavorare per le attrici fra i venticinque e i trentacinque anni. Troppo vecchie per fare le lolite e troppo giovani per essere milf.

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